Il denaro
guadagnato dal traffico illecito deve essere messo in movimento, o in
termini ufficiali, deve essere riciclato.
Anche in questo campo, l'Est europeo, ma soprattutto i Balcani,
rappresentano i terreni adeguati per assorbire il denaro sporco appartenente
a loschi individui e a cosche.
Sfruttando il difficilissimo momento economico della regione balcanica, la
mafia ha immediatamente intuito, che a seguito del crollo economico
dell'Est, i governi, si sarebbero trovati nella condizione di dover chiudere
un occhio relativamente al controllo dell'origine del denaro che entrava ed
entra ancora nel loro Paese. L'importante e' che si tratti di valuta estera
in quanto: 1) si deposita nelle banche fornendo così denaro momentaneamente
disponibile per contribuire alla spesa pubblica; 2) I prestanomi della
criminalità organizzata costruivano qualcosa, creavano posti di lavoro e
soprattutto diffondevano l'idea che i governi post comunisti dell'Est
avrebbero ottenuto credibilità nell'Occidente il quale, da parte sua,
avrebbe cambiato repentinamente atteggiamento per intervenire a rovesciare
la situazione economica aggravata.
Entrando quale primi "benefattori" nei Paesi distrutti dal comunismo (nella
ex Jugoslavia dall'inizio degli anni '80, mentre in Albania, Romania,
Bulgaria, ecc., dopo l'anno 1989), le cosche si sono ben radicate tanto da
poter penetrare perfino nei più alti uffici dei governi, decidendo a loro
piacimento il clima economico ed addirittura politico di questi Paesi.
In Macedonia, Albania, Kosovo e l'intera Serbia, Bosnia e così via, la
quantità principale della valuta estera inizialmente entrava tramite gli
immigrati che lavoravano all'estero.
Ma se il denaro proveniente da attività lecite diminuisce a causa di crisi
occidentali in atto (la maggioranza degli immigrati regolari non lavora o
lavora pochissimo, giusto per sopravvivere), cresce di giorno in giorno la
valuta depositata dalla malavita. Gli importatori della valuta proveniente
dall'estero costituiscono due prototipi:
A) lo straniero occidentale che ricicla direttamente i suoi sporchi soldi o
che fa da prestanome, presentandosi come un imprenditore che intende
investire denaro nel redditizio mercato dell'Est. Solitamente, nel suo Paese
di origine, o possiede niente o è proprietario di un piccolo negozio che non
giustifica certo la quantità di "ricchezza " trasferita all'Est. Accade che
queste persone sono titolari di più passaporti, ognuno dei quali serve a
celarsi dietro diverse identità in differenti città. Riguardo le preferenze,
i riciclatori tedeschi preferiscono la Polonia, la Russia, la Repubblica
ceca e la Slovacchia, la Slovenia e la Croazia, la Serbia, il Montenegro e
perfino la Macedonia, paesi dove il marco tedesco è potentissimo. Mentre il
terreno suddetto e' preferito anche dai francesi, gli italiani prediligono
penetrare nei Balcani tramite l'Albania (il Paese preferito) per giungere
sino in Turchia.
B) il secondo prototipo del riciclatore è l'indigeno albanese, kosovaro,
macedone, serbo, montenegrino, turco ecc.. I loro soldi provengono
soprattutto dai racket delle prostitute e dal traffico di droga e armi. Il
centro di diramazione delle vie che portano la valuta sporca nell'Est
europeo, nei Balcani soprattutto, è Zurigo (via aerea), ma non vanno
sottovalutati altri centri importanti in questo settore come Trieste, Bari
(via mare) e Fiumicino. Chi traffica il denaro è di solito un balcanico (o
est europeo) accompagnato sempre da uno svizzero (se i soldi provengono da
Zurigo) o da un italiano (se il denaro è italiano), non dimenticando la
complice assistenza di funzionari e semplici guardie corrotte. La "coppia"
sopraccitata è specializzata esclusivamente nel trasporto di denaro sporco
e ha diritto al 10% della somma portata a destinazione.
Il riciclaggio del denaro sporco è una piaga aperta anche per i Paesi che
godono di una legislazione adeguata e di rigido controllo sul movimento di
denaro. La maggior preoccupazione nei Balcani e nell'Est europeo ci è data
non soltanto dall'assenza di una tale normativa, ma soprattutto dalla
indifferenza e dalla complicità dello Stato negli affari sporchi. Nessuno
degli attuali governi balcanici ha tentato di conoscere la provenienza dei
soldi di uno o dell'altro e di fatto non esiste una reale inchiesta
governativa, o un vero processo giudiziario contro il riciclaggio del denaro
sporco. Chi fino a ieri era sprovvisto del minimo indispensabile o che non
ha mai svolto attività remunerativa, ora tranquillamente costruisce negozi,
alberghi, ville, acquista automobili di lusso...
In Albania, per esempio, lungo una strada periferica della capitale Tirana,
nella parte che permette l'ingresso nella città da Durazzo, negli
ultimi due o tre anni è sorto un intero quartiere chiamato apertamente dagli abitanti
di Tirana "Quartiere della Droga".
I cittadini della Serbia, del Kosovo, della
Macedonia, dell'Albania... sanno che con la merce proveniente
dall'Occidente, dalla Turchia, viaggiano anche il denaro, la droga, le armi,
ma nessuno parla. Se il governo non interviene non vale la pena rischiare,
sei completamente indifeso. Quei giornalisti che hanno tentato di fare
qualcosa, hanno subito svariate forme di repressione, sono stati aggrediti,
bruciati, colpiti da armi da fuoco. Delle voci provenienti dall'Albania
raccontano la condanna a morte "in silenzio" di giornalisti, perché audaci
nel campo dell'informazione. Vale la pena ritenere, che l'attività svolta
dai giornalisti dell'Est è paragonabile a quella dalla magistratura italiana.
La situazione si sta aggravando di giorno in giorno, le cosche non si
limitano alla corruzione di tutori dell'ordine e ministri ma influenzano in
maniera determinante le elezioni politiche. Saremo spettatori del totale
trionfo della malavita, e la battaglia sarà definitivamente perduta dagli
stati dell'occidente e da tutte le forze democratiche: il frutto amaro
dell'indifferenza di oggi. |