In prosa . Il secolo breve dei Balcani
. Anno:1994

oppure: LA LUNGA ECLISSI

L'Albania è tuttora l'unico Paese circondato dai suoi connazionali: a Nord dagli albanesi del Montenegro, a Est e Sud-Est dagli albanesi del Kosovo e della Macedonia e a Sud - dagli albanesi della Grecia.

  . LE RADICI DELL'ABISSO

    E mentre in Bosnia si combatte, un'altra regione, (proclamata repubblica dal più del 90% degli abitanti in un referendum popolare), il Kosovo, è praticamente occupata dai Serbi dal 1982. I carri armati Serbi sono passati, all'epoca, sui corpi dei giovani studenti, delle donne e dei bambini albanesi kosovari. Il mondo di allora ha voluto sembrare come preoccupato, ma qualche vittoria simbolica dei diplomatici e dei leaders paesani, soprattutto quelle di Qosja e Rugova, venivano sfumate sempre da un altro avvenimento mondiale, dove gli interessi delle grandi potenze, specialmente l'America, venivano toccati minacciosamente. Poi Gorbaciov e Bush, poi la Perestroika e "la fine" della guerra fredda, poi il crollo dell'Unione Sovietica. Il mondo aveva grossi problemi tali da far dimenticare la prima vera tragedia iugoslava: il Kosovo.
    I problemi della Croazia e della Slovenia, che apparivano come i primi grossi sismi ex-jugoslavi erano veramente la frettolosa conclusione del terremoto anti-serbo sempre annunciato dal Sud dei Balcani, dal Kosovo.
    Il crollo della ex-Jugoslavia è iniziato in Kosovo e la guerra balcanica, appena finito il conflitto tra serbi, croati e bosniaci (forse anche prima), ritornerà senz'altro al punto di partenza, nel Kosovo.
    Come si rappresenta la storia tragica di questa regione albanese, oggi compresa nella Grande Serbia?
    Rimasta fuori dall'Albania dopo il Congresso di Berlino, 1878, e soprattutto dopo il famigerato Trattato di Londra, 1913, il Kosovo era il boccone più grasso ingoiato dai Serbi, anche talvolta appoggiati dalla Russia zarista. Nel 1912 l'Albania viene dichiarata indipendente dall'Impero Turco Ottomano. Coscienti di quanto stava succedendo, i nazionalisti albanesi per il momento si sentivano contenti. L'Albania era salva, appariva ancora nella mappa mediterranea. Meglio all'inizio una piccola patria che niente. Anche se fuori rimanevano grandissimi pezzi della nazione. Sotto la Grecia rimaneva la ricchissima regione di Çamëria (93% albanesi), Sotto la Macedonia rimaneva la grande regione di Dibra (e non solo), sotto il Montenegro doveva soffrire la Plava e la Guzia albanese.
    Ma la più grande disgrazia albanese è stata senz'altro la perdita del Kosovo, culla della storia antica e recente dell'Albania. Anche statisticamente la regione persa era ed è ancora la parte maggiormente popolata da albanesi, oltre 2 milioni.
    Praticamente l'Albania è tuttora l'unico Paese del mondo circondato dai suoi connazionali: al Nord - dagli albanesi del Montenegro, ad Est e Sud-Est dagli albanesi del Kosovo e della Macedonia ed al Sud - dagli albanesi della Grecia.
    Come abbiamo scritto sopra, il Kosovo rappresenta la perdita più grossa dell'Albania del nostro secolo. Fatti oggetto di genocidio, privati dei fondamentali diritti umani, gli albanesi del Kosovo subiscono ancora repressioni dopo repressioni...



HINTERLAND

    Il 7 aprile 1939 l'Albania fu conquistata dall'Italia di Mussolini che ha trovato subito collaboratori locali, perché gli Italiani avevano promesso ai politici albanesi appoggio per il riconoscimento della Grande Albania etnica. Fu riconosciuto quale parte dello Stato albanese il Kosovo, la parte albanese della Macedonia e, dopo la guerra Italo-Greca, anche la Çamëria doveva appartenere all'Albania. Il Paese delle aquile, per la prima volta nella sua storia recente, godeva se stesso, sentiva il sangue del cuore sparso liberamente nell'intero suo corpo.
    Fino al 1945, il sogno albanese era una realtà toccabile, meravigliosa, vissuta fino ad oggi come la pagina più indimenticabile della sua storia etnica moderna.
    Nel 1945 la situazione è precipitata in senso contrario agli interessi dell'Albania.
    Negli incontri a Yalta e, poco dopo, a Teheran, i vincitori della seconda guerra mondiale hanno deciso i confini dell'Europa contemporanea, confini che anche oggi a parte la ex-Jugoslavia sono stati rigorosamente rispettati dagli europei.
    Anche se l'Albania apparteneva ufficialmente al fortunato gruppo dei vincitori, praticamente fu trattata come un Paese ex-fascista ed è stata obbligata a perdere tantissimi pezzi del suo corpo, nello stesso modo della Germania, dell'Austria, dell'Ungheria (Vojvodina), l'Italia (Istria, Trieste e Dalmazia) ecc. E non si tratta di minoranze etniche trovabili ovunque nei Paesi confinanti. L'Albania nel 1945 ha perso più della metà della sua popolazione e del suo territorio.
    Così hanno voluto le grandi potenze. E perché? Per rispondere a questa domanda, basta ricordare che tra i vincitori figurava anche l'Unione Sovietica. A Yalta e soprattutto a Teheran (i negoziatori Stalin, Churchill, Roosevelt e poi Truman), il mondo veniva definitivamente diviso in due giganteschi campi di influenza: socialista e capitalista. Gli anglo-americani non potevano toccare gli interessi dei sovietici e, siccome la Jugoslavia era territorio completamente sotto l'influenza sovietica (popoli fratelli slavi), per i Balcani era Stalin che doveva decidere su tutto, principalmente sugli slavi del Sud. Si capisce che, prima di tutto, Stalin vedeva nella Jugoslavia l'avamposto del campo comunista di fronte all'Occidente. L'Albania non interessava, era piccola e non poteva creare grossi problemi. Stalin, anche questa "piccola" questione l'aveva pensata bene. L'Albania doveva far parte della Jugoslavia, così per i sovietici la sponda orientale dell'Adriatico era controllata dai comunisti. E' così così reale questa idea che, anche il dittatore albanese, nel suo libro "Con Stalin", esprime i primi dubbi, quando, vedendo la parata che onorava il dittatore sovietico dove non vide la bandiera albanese, disse più o meno a Stalin: E..., la nostra bandiera (albanese), dov'è? Stalin ironico rispose: Ecco, la bandiera jugoslava!
    E' inutile ricordare che l'Albania non doveva essere trattata così dagli alleati, ma in quel momento nessuno ha voluto sapere chi aveva vinto nel piccolo Paese balcanico. A loro bastava sapere che fino al 1944, il governo albanese è stato pro-fascista. (anche se, vedendo a sangue freddo i fatti, l'alleanza degli albanesi con gli italiani, oltre ai motivi ideologici si nutriva specialmente, come abbiamo scritto, delle idee nazionaliste della Grande Albania etnica).
    Consegnare l'Albania al più terribile e sanguinoso comunismo Est-Europeo, hanno scritto storici occidentali, è stato il più grande sbaglio politico commesso dagli anglo-americani nel dopoguerra. Oltre alle sofferenza per decine di anni, per un popolo con sangue ribelle a confronto della dittatura, gli alleati hanno dato la possibilità ai sovietici di costruire il più fortificato avamposto anticapitalista soltanto 70 chilometri lontano dall'Occidente, un pericolo permanente per la democrazia appena nata sull'altra sponda dell'Adriatico.
    L'accordo tra Stalin, Churchill, Roosevelt (e poi Truman) ha facilitato la vittoria dei comunisti in Albania, ha creato le condizioni per costruire uno stato più stalinista dell'Unione Sovietica.
    Con la vittoria dei comunisti, morì per lungo tempo anche la questione nazionale albanese. Anche se Hoxha pretendeva, appena finita la guerra, di chiedere a Tito: come finirà la questione del Kosovo? Tito, il croato, rispose: vedremo più tardi, perchè adesso ho paura che i serbi non ci capiscano. Era una strisciata diplomatica alla Tito. Hoxha, sotto la politica egemone di Tito, fino all'anno 1948, stava coniugando l'Albania con le altre sei repubbliche jugoslave: Serbia, Montenegro, Macedonia, Bosnia-Erzegovina, Slovenia e Croazia. Il passo fatale non si è fatto per  fortuna dell'Albania. Quando Stalin condannò Tito quale "revisionista" nella famigerata lettera dell'Informbureau, Hoxha doveva scegliere tra i due. Scegliere Tito significava la sua eliminazione. (Dentro il suo partito stavano facendo carriera elementi pro Tito, rilevati dalla simpatia del dirigente jugoslavo).
    Hoxha ha scelto Stalin, lo stesso che aveva dichiarato la scomparsa dell'Albania e la sua integrazione sotto la bandiera jugoslava. Anche se a prima vista era una scelta mostruosa (lo stalinismo è stato ferocissimo ed il titismo una liberale via economica auto-amministrativa), l'azione di Hoxha ha salvato dalle sofferenze gli albanesi del piccolo stato d'Albania, mentre i loro connazionali nel Kosovo, Macedonia, Çamëria e Montenegro hanno subito gli abusi più terribili.
    Sul piano dei diritti nazionali, la storia della ex-Jugoslavia dopo il 1945 è stata uno "spettacolo" estremamente repressivo, sanguinoso, non soltanto nella piccola regione della Vojvodina (minoranza ungherese nella Serbia del Nord), non soltanto per gli italiani di Trieste, e fino ad oggi dell'Istria e della Dalmazia, non soltanto per le minoranze di origine musulmana (a parte la Bosnia dove la convivenza interetnica veniva magnificamente accettata).
    Dal dopoguerra in poi nella Jugoslavia di Tito e fino a adesso, la ferita sempre aperta dei Balcani è stato il Kosovo. Diciamo il Kosovo, ma per essere più precisi, sotto questo tragico nome gli storici albanesi e mondiali spesso comprendono anche le regioni di Metohia (sotto la Serbia), di Plava e Guzia (sotto il Montenegro) e la pianura albanese di Dibra, fino a Skopje, capitale della Macedonia.
    In un suo recente libro, Madre Teresa di Calcutta (la cittadina albanese Gonxhe Bojaxhiu) scrive:
     Sono nata a Skopje dell'Albania nel 1912...
Nessun critico o storico ha tentato di dire, scrivere o confermare il contrario, cosa che lascia intendere che, nel mondo civile occidentale nessuno mette in dubbio il fatto della esistenza di un'altra grande Albania oltre ai suoi confini statali di oggi.
    Facciamo un passo indietro nella storia e la retrospettiva ci riserva questi fatti più importanti:
    Nel 1945 il confine tra la Serbia e l'Albania era praticamente aperto e gli albanesi della Jugoslavia potevano incontrare i parenti e continuare le attività commerciali, etnografiche, politiche ecc. Quando dopo l'incontro di Tito con Hoxha, l'unificazione del Kosovo con l'Albania era un problema del giorno che si chiedeva apertamente alla popolazione albanese, Tito, Rankovic ecc, hanno cominciato il genocidio più feroce della storia europea del dopoguerra.
    Le milizie serbe sotto la bandiera sciovinista della Grande Serbia, hanno ricominciato a disarmare l'etnia albanese ovunque in Jugoslavia. E siccome non era facile disarmare un popolo intero subito dopo la guerra, i serbi hanno usato i mezzi più disumani conosciuti nelle cronache balcaniche, dal massacro di massa fino alla pulizia etnica, portando in Turchia migliaia di migliaia di albanesi. Cosa è successo in quegli anni nel Kosovo si può paragonare, anzi e di più, con cosa è successo e succede nella Bosnia di oggi. Ma il mondo di allora non era come adesso. Le parti vincitrici assolutamente hanno dato mano libera alla Jugoslavia, la quale godeva del trattamento privilegiato dalle Nazioni Unite, non soltanto come la piccola sorella dell'Unione Sovietica, ma anche perché la Croazia e la Slovenia si conoscevano come zone sotto l'influenza americana. E non solo: dopo Yalta e Potsdam nessuno poteva discutere per questioni nazionali soprattutto contro la Jugoslavia, la quale doveva essere l'esempio migliore della convivenza interetnica nel dopoguerra. Così nella Jugoslavia di allora le voci democratiche venivano soffocate facilmente dalla dittatura titisto-rancoviqiane. Mentre nessuno voleva ascoltare le voci dei nazionalisti albanesi (pensate anche alla posizione dell'Albania statale, la quale veniva accettata come membro delle Nazioni Unite soltanto nel 1955).
    Fino agli anni '60, soprattutto nel 1968, tutte le proteste degli albanesi in Jugoslavia venivano represse senza alcun risultato visibile. Soltanto nel '68 quando le dimostrazioni erano così enormi e potevano fare esplodere pericolosamente le questioni nazionali in tutto il territorio dello Stato, Tito, furbo e diplomatico, è stato obbligato a far conoscere agli albanesi il diritto dello Status di una Regione Autonoma dentro la Serbia. Non era la vera liberazione, ma i kosovari e non solo avevano vinto il diritto della bandiera nazionale della radio e la tv albanese, della Università di Pristina. E' calata di poco la frequenza della repressione; la cultura degli albanesi del Kosovo stava producendo dei veri geni conosciuti dall'Europa in America. i nomi di Rexhep Qosja, Ibrahim Rugova, Adem Demaci ecc., non erano più proprietà soltanto degli albanesi ma di tutto il mondo civile. Così fino all'anno 1980.
    Quando J. B. Tito morì, la situazione precipitò di nuovo. I più alti dirigenti della ,Jugoslavia non avevano più né la capacità governativa né l'intelligenza, né la diplomazia di Tito. La protesta degli albanesi ricominciò negli anni '80, quando tutto il mondo spaventato ha visto le ossa degli studenti, dei minatori e di tutta la popolazione spezzate sotto le ruote d'acciaio dei carri armati serbi. Tuttora il Kosovo, anche se proclamata Repubblica Indipendente, rimane sotto il rigido controllo serbo, praticamente occupata dall'esercito e governata dalla minoranza serba. Nessun diritto umano di rilievo. Un tasso altissimo di disoccupazione. Intere fabbriche e miniere chiuse.Anche se praticamente la regione più ricca nella ex-Jugoslavia nelle risorse naturali (oro, rame, carbone ecc), il Kosovo sopravvive soprattutto con l'emigrazione, avendo il più basso tenore di vita di tutta la federazione serba. Nelle stesse condizioni vivono anche gli albanesi del Montenegro e della Macedonia, anche se questi ultimi hanno tanti deputati nel parlamento.
    Il caso albanese in Macedonia è un'altra pagina tragica da rivivere prossimamente. Nella Macedonia si intrecciano gli interessi della Turchia, Bulgaria, Grecia e Albania, ma questo problema sarà l'argomento principale di un altro capitolo.
    Ritornando al Kosovo, ricordiamo al lettore che appena sarà finito il conflitto nella Bosnia, la guerra ritornerà ancora nel punto dove veramente è cominciata: intorno a Pristina e Skopje. Questo potrà succedere anche prima, dipende dalle condizioni che si stanno creando nel momento in cui sto scrivendo queste righe, poiché gli Stati Uniti hanno dichiarato inesistente l'embargo per i musulmani della Bosnia (aarà un atto vero e ...promettente?).
    Nel Kosovo di oggi la realtà denuncia ancora un clima di repressione straordinario in crescita da parte della minoranza serba. Infatti, la Repubblica del Kosovo, riconosciuta come tale soltanto dallo Stato albanese, rappresenta il più grande lager d'Europa e le prove delle numerosissime violazioni dei diritti umani e delle torture (tantissime volte denunciate al mondo da Amnesty International ) per l'ennesima volta sono giunte nella sede della Commissione dei Diritti dell'Uomo. Durante le elezioni del '92 quale Presidente della Repubblica del Kosovo viene eletto Ibrahim Rugova, leader non-violento ispirato nella sua azione da Gandhi e Martin Luther King. Un altro intellettuale di calibro mondiale, Rexhep Qosja, viaggiando sempre tra Europa e America, fa l'ambasciatore spirituale degli albanesi, ovunque nel mondo. Le autorità kosovare per il momento hanno chiesto una mobilitazione internazionale perché al Kosovo venga riconosciuto uno statuto internazionale di regione autonoma e smilitarizzata...
    Ma cosa pensa la Serbia di oggi? Basta ricordare le parole di Miloseviç, in una intervista recente:
      "Il Kosovo è la culla della Serbia(!) e noi non lo lasceremo mai!"
Le sue parole rappresentano largamente la logica sciovinista che regna nella Serbia di oggi. Sperare in una soluzione pacifica è difficile e probabilmente, di giorno in giorno, la situazione può precipitare. Il vento nazionalista serbo può far sparire anche l'ultima illusione, e il Kosovo sarà in guerra...

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